Audi Q5 2.0 TDI, recensione

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view post Posted on 1/4/2009, 21:10

Icheat importante

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In casa Audi, la Q5 recita la parte della piccola soltanto perché il confronto è con i 5,09 metri della Q7. E così, 4,63 metri sembrano niente. Ma la Q5 non è piccola, è semplicemente ragionevole, è l’ennesima prova (assieme alla Mercedes GLK e alla Volvo XC60) che le Suv, per sopravvivere, devono evolversi. E, in questo caso, l’evoluzione significa dimensioni umane.


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A dire la verità, ce n’eravamo già accorti nel traffico cittadino: una Smart rimane un’altra cosa, è ovvio, ma la Q5, pur con qualche limite in materia di visibilità laterale, sa farsi apprezzare anche in questi frangenti, perché è maneggevole, facile, per nulla ingombrante. È così che ci si convince che, all’Audi, hanno ragione quando tengono a sottolineare che la Q5 non è una Q7 più corta, quanto piuttosto una A4 Avant più alta. A bordo, il family feeling accomuna un po’ tutti i modelli dell’Audi, ma è proprio con quest’ultima, la A4, che i confronti vengono più immediati: la plancia, la disposizione dei comandi, l’impostazione generale. Nel bene e nel male, si ritrova quasi tutto, dalla splendida posizione di guida, appena più alta, ma sempre perfetta, ai comandi della radio e del navigatore sul tunnel, che sono un pezzo di design notevolissimo, ma che fanno a pugni con la sicurezza. Per quanto si tenti di andare a memoria con le sole dita, ogni volta che si ha bisogno di premere un tasto va a finire che si è costretti a cercarlo con lo sguardo e, a quel punto, si è costretti addirittura a chinare la testa.

Il vano è davvero ricco e sontuoso, oltre che razionale visto il gran numero di ganci, fibbie e sponde per bloccare ogni tipo di carico. Tutte cose che si pagano a parte, per la verità, come molte altre. Ed è così che il prezzo di base, poco più di 40 mila euro per la 2.0 TDI, può raggiungere livelli preoccupanti, come nel caso dell’esemplare della nostra prova, che sfonda senza tanti complimenti la soglia dei 58 mila euro. Con la beffa che, al momento del test, questa versione non poteva essere equipaggiata, neanche a richiesta, con il cambio automatico. Un vero peccato anche perché il manuale è un pochino sottotono rispetto agli standard tipici della Casa. Basta un prima-seconda per riconoscere la precisione e la pulizia negli innesti, ma anche per accorgersi di qualche resistenza di troppo: soprattutto a freddo la leva è un pochino contrastata. In più, la frizione non è delle più leggere.

Abbandonata l’alimentazione con iniettori-pompa, gli ingegneri tedeschi si sono convertiti al common rail e i vantaggi sono evidentissimi, molto più in questa versione da 170 CV che non in quella da 140. Il vecchio 170 CV era un motore quasi da corsa, poco corposo in basso e addirittura violento nella parte alta del contagiri. Tutte caratteristiche che il suo erede common rail ha messo da parte, a favore di un bel tiro ai bassi regimi e di un notevole omogeneità di funzionamento. Se le prestazioni non sono straordinarie, il motivo è semplicissimo: per quanto numerosi, i cavalli devono portarsi a spasso una massa di ben due tonnellate. In ogni caso, la Q5 non dà mai la sensazione di essere in affanno: anche sui tornanti più ripidi, il tiro del TDI è sempre adeguato. Dell’A4 ha l’agilità, la facilità, al punto che spesso, quando la si guida, ci si dimentica che la Q5 è una sport utility. Merito dell’assetto, ma anche dello sterzo, che è pronto, preciso e non nasconde mai al pilota ciò che accade sotto le ruote.

4ruote
 
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